“Archetipi di un’architettura ritrovata. Ovvero, la forma primigenia del luogo”

by eridecaramia

Ciò che emerge dall’eredità di Anselmi è la continua ricerca di un’umanità nelle sue architetture. Tutte le tracce che provengono dal paesaggio già costruito, si innalzano dal suolo come modificazione della crosta terrestre, ridisegnando un nuovo spazio tridimensionale. Come un essere umano dotato di grande sensibilità, il nuovo volume prende posizione senza aggredire, conosce già il territorio in cui entrerà a far parte e ne rispetta le tracce, dalle quali trae un’assoluta forza. Al tempo stesso manifesta la propria personalità, disponendosi saggiamente con un susseguirsi di pieni e vuoti creati da un piano che li modella, e che li riporta a quella conformazione di città dalla quale provengono. La Provenienza è il punto dal quale Anselmi parte. Il Luogo, l’oggetto della sperimentazione:

 “… non riesco a immaginare un’architettura al di fuori di un luogo. Anche le architetture che non ho costruito nascono da un luogo, da una situazione reale. Devo partire da un luogo, da una mappa e da un programma, per mettere in moto l’immaginazione. Non ho modelli astratti e, di conseguenza, quando questi luoghi sono all’interno della città nasce il tema della scena urbana.”

A.Anselmi

 ( Guccione M., 2004, intervista a Alessandro Aanselmi, Roma )

 Il luogo, quindi , diventa forma primitiva di ispirazione, diventa l’archetipo del Se Junghiano, dal quale scaturiscono tutti gli altri. Il suo approccio, notoriamente di tipo urbano derivante delle sperimentazioni del G.R.A.U., parte dall’analisi delle stratificazioni e dallo sviluppo quasi naturale della città e delle sue esigenze. Le sue architetture arrivano a creare delle correlazioni con l’esistente, in modo che nulla sia imposto nello spazio, proprio perchè tutto nasce dagli archetipi, da quegli elementi che resistendo al tempo, tramandano concetti sempre attuali e che ormai sono diventati logos. E’ evidente come nel cimitero di Parabita, che questa attenzione all’archetipo, vissuto come elemento storico, fosse presente già nei primi lavori. Progettato assieme a Paola Chiatante nel 1972, il disegno della pianta si sviluppa sotto forma di capitello corinzio. Riportato ad una scala più ampia e scollegato da quella dimensione di elemento architettonico, diventa esso stesso architettura, come per celebrare quei luoghi che furono la Magna Grecia e che quei capitelli ricordano bene. Un progetto che è come un solco sul terreno, un disegno in estrusione, come un tatuaggio fatto per ricordare o tenere sempre presente alla mente qualcosa di importante. La stessa funzione che assume il cimitero, se ci pensiamo: il ricordo. E’ un’architettura fatta di azioni che definiscono degli spazi intimi, prospetticamente articolati, fatti di una materia che anch’essa porta memoria perchè calcarea, frutto della gestazione della terra e della stratificazione del tempo. Nel cimitero di Parabita, possiamo riconoscere alcuni dei suoi temi ricorrenti, come quello del recinto e del frammento, anche questi assimilabili ad archetipi personali, che lui esplorerà a fondo nei lavori futuri.

 “…a Parabita, vi è un recinto, all’interno del quale vi sono dei frammenti e una porzione di questi è organizzata secondo una prospettiva. Non c’è contraddizione. Ma il recinto e i frammenti comportano un’altra problematica, quella dell’icona e dell’archetipo, che rimanda a significati che non è detto che siano necessariamente architettonici, oppure, per esempio, ai significati del recinto archeologico, come nel caso dell’asilo a Santa Severina: all’interno di un cortile ci sono dei frammenti che rimandano ad architetture non complete, non finite.”

A.Anselmi

( Guccione M., 2004, intervista a Alessandro Aanselmi, Roma)

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Alessandro Anselmi, Nuovo cimitero di Parabita, 1967, modello e schizzo

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Alessandro Anselmi, Asilo nido di S.Severina, 1981,
Inchiostro su carta da lucido. Collezione permanente della A.A.M. Architettura Arte Moderna di Francesco Moschini e Gabriel Vaduva.

Nel 2003 finalmente il completamento del Municipio di Fiumicino, nel quale l’archetipo della piazza, emerge dalle pieghe del piano. Dalle tracce della città portuale, si solleva gradualmente un piano, che diventa prima elemento di aggregazione, quindi nuova piazza cittadina, per poi innalzarsi e diventare facciata e ancora copertura. L’edificio è quindi generato da un piano che prende forma dalla città e che piegandosi ne identifica gli spazi. Alla città viene restituito un vuoto urbano, che è a stretto contatto con la banchina del porto, quasi a voler recuperare quel rapporto tra commercio marittimo e terra ferma che ormai è solo un lontano ricordo. Sembra che i modelli dai quali attinge ispirazione, siano sempre più chiari, essenziali. Mentre nel cimitero di Parabita l’evocazione del capitello proviene da un elemento della storia, nel municipio di Fiumicino, la matrice archetipale è la piazza, quindi la forma si trasforma in concetto. Ogni matrice però, che sia piazza o capitello, ha in se dei temi attraverso i quali si declina, quelli cioè, che potremmo definire Archetipi Anselmiani, forme primitive di pensiero, attraverso le quali ogni progetto assume dimensione. Riconosciamo quindi la Piega, intesa come piano e superficie; il Vuoto, esplorato come dimensione interna ed esterna; lo Spazio Prospettico; il Recinto ed il Frammento. Ognuno di questi ambiti, fu indagato nella mostra che si tenne al Maxxi nel 2004: “Alessandro Anselmi. Piano superficie progetto” 1. In ogni opera, Anselmi, pare voglia porsi come tramite tra il luogo e la nova costruzione, in un continuo dialogo tra la sua storia e le nuove modificazioni sociali. Non nasconde il misticismo delle sue architetture ad occhio comune, anzi lo dichiara tramite la forma, come nella chiesa di S. Pio a Malafede (Roma, 2010), dove la facciata principale composta da tre archi, si fonde nell’arco unico della facciata posteriore, tramite la copertura. L’archetipo di Dio, diventa architettura.

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Alessandro Anselmi, Chiesa di S. Pio, 2007,
Tecnica mista su carta

 
1La mostra che si tenne a Roma nel 2004, dal titolo “Alessandro Anselmi. Piano superficie progetto”, negli spazi del Maxxi, documentava le opere di A. Anselmi partendo dal 1976 sino al 2004. L’allestimento fu curato dallo stesso autore ed il percorso, partendo al ritroso, trattava i temi della sua ricerca spaziale, articolandosi in quattro sezioni: Lo spazio prospettico; Recinto e frammenti; La scena urbana; Piano e superficie.

Bibliografia e Sitografia

Antonino Saggio, 2010, Architettura e Modernità. Dal Bauhaus alla Rivoluzione Informatica, Roma, Carocci;

www.fondazionemaxxi.it/sezioni_web/interviste/ANSELMI.htm

www.domusweb.it/it/from-the-archive/alessandro-anselmi-architetture-di-frontiera

http://segnidel9cento.chiesacattolica.it/html/m_popup_scheda_main.asp?CategoryID=5&Year=2012&ID=36&tipo=architettura&IDscheda

http://www.architetturadipietra.it/

http://www.aamgalleria.it/cfm-collezione.php?id=508-Alessandro-Anselmi-G.R.A.U.-