“Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”

by eridecaramia

Credo che l’aforisma di Antoine Lavoisier incarni perfettamente parte della filosofia di Alessandro Anselmi, l’importanza del contesto urbano storico e la freschezza di una nuova gestualità si fondono perfettamente nella figura dell’architetto, che è presenza fondamentale nella ricerca del rapporto tra architettura e spazio pubblico.

E’ una linea di indagine che proviene dalla continuità con la città e che trae forza dalla storia del luogo che ospiterà la nuova architettura. Le prime sperimentazioni avvengono tramite il gruppo G.R.A.U (Gruppo Romano Architetti Urbanisti) di cui è membro fondatore, e che porterà avanti anche nel lavoro personale.

Per le tendenze dei primi anni ’80, sembra che l’azione dell’architetto sia quella di medium, cioè un tramite tra gli aspetti di memoria del luogo, combinati con quelli dimensionali degli spazi già costruiti e la necessità di nuove costruzioni. Potrebbe sembrare un processo rassegnato alle preesistenze, volto alla trasformazione di un segno che in realtà esiste già da prima, come un pensiero nascosto che diventa verbo. Un’interpretazione insomma.

Ma cosa c’è di nuovo in quella che dovrebbe essere una nuova azione?  

C’è la creazione di un nuovo paesaggio, che coesiste e che modifica quello precedente. Ma non è soltanto un’addizione, ma l’esaltazione di quell’essenza che aleggiava nell’aria, la concretizzazione di un pensiero. Tutto avviene dall’analisi della stratificazione urbana… stratificazione dovuta al costruito, a quello che è stato lasciato vuoto, alle esigenze ed alle funzioni.

Nulla è imposto, perchè l’architettura di Anselmi nasce dagli archetipi, da quegli elementi che resistendo al tempo, tramandano concetti sempre attuali e che ormai sono diventati logos.        Se il suolo è un luogo di informazioni, allora il movimento di questo, all’interno dello spazio tridimensionale, darà concretezza ai nuovi spazi, diventerà materia di informazione, tramite la sua modificazione in pieni e vuoti. Nelle architetture di Anselmi, il pieno e il vuoto derivanti dalla città, si innalzano dal suolo come modificazione della crosta terrestre, ridisegnando un paesaggio nuovo, ma che in realtà esisteva già nella conformazione del vuoto stesso, che dopo l’azione progettuale diventa denso di significati, diventa piazza, come nel Municipio di Fiumicino, diventa scala come nel progetto delle case temporanee a Monte Testaccio e che deriva dal paesaggio, o maglio dalla scena circostante, nella quale entra, di nuovo, a far parte.

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A.Anselmi, Case al Testaccio, Roma;  Municipio di Fiumicino, Roma

La sua è sempre un’architettura complessa-dinamica, che spesso definisce contemporaneamente spazi interni ed esterni, il caso di Fiumicino ne è l’emblema. Il progetto è l’ideale prosecuzione della banchina lungo il canale Clementino. Dal suolo parte la piazza, che si conforma prima come piano continuo leggermente inclinato, per poi innalzarsi repentinamente in una gradonata, diventando facciata. L’edificio è quindi generato da una piano che prende forma dalla città e che piegandosi ne identifica gli spazi.

Mediante la piega, il piano assume una duplice funzione, diventa al contempo piazza e tetto dell’edificio, dando valore al vuoto che diventa il tramite tra l’esterno e l’interno. Infatti il vuoto è metodologicamente centrale in Anselmi, poiché la sua architettura nasce dalla costruzione dello spazio vuoto, nel senso che l’edificio non è solo il risultato di uno spazio interno, ma tramite la modellazione del costruito si definisce anche il vuoto medesimo. E’ un approccio di tipo urbano, è la città che è fatta di vuoti e che modella gli edifici che sono i pieni.

Il senso di duplicità non esiste solo nelle pieghe del piano, ma anche nel senso di astrazione tra forma e matericità data dalla scelta dei materiali. Quelli più tecnologici determinano i volumi del lavoro, mentre quelli più tradizionali rivestono la piazza e la parete esterna dell’edificio. C’è una stretta identità tra struttura e forma che in questo progetto emerge fortemente, forse dettata dagli echi dell’architettura di Louis Kahn.

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L.Kahn, Parlamento, Bangladesch;  A.Anselmi, Casa a Morlupo, Italia, Collezione permanente della A.A.M. Architettura Arte Moderna di Francesco Moschini e Gabriel Vaduva.

Il suo insegnamento può essere declinato in due tipologie che in fondo convergono, architetture come piani e pieghe: che partendo dal suolo diventano scena e che contengono nuova informazione. E’ una piega che definisce un’esistenza ogni volta che crea un nuovo angolo, ogni volta che assume una nuova modificazione (come teorizza Deleuze), e che si pulisce col passare del tempo sino a diventare spazio che definisce volumi, creando nuovi luoghi di incontro aperti al cielo, in un continuo susseguirsi di pieni e vuoti come in un gioco di sezioni. Oppure sono archetipi, di una terra che già in se conteneva quelle forme, come nella pianta del cimitero di Parabita, luoghi che furono la Magna Grecia e che quei capitelli conoscono bene. Questo progetto è come un solco sul terreno, un disegno in estrusione, è come un tatuaggio fatto per ricordare o tenere sempre presente alla mente, qualcosa di importante. La stessa funzione che assume il cimitero, se ci pensiamo: il ricordo. E’ un’architettura fatta di azioni che definiscono degli spazi intimi, articolati, fatti di una materia che anch’essa porta memoria perchè calcarea, frutto della gestazione della terra e della stratificazione del tempo.

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A.Anselmi, Cimitero di Parabita, Lecce

Altre volte possiamo riconoscere un misticismo non proprio celato nelle opere di Anselmi, dichiarato dai tre archi che disegnano la facciata principale della chiesa di S. Pio a Malafede, e che unendosi nella copertura, si fondono in un arco unico diventando sfondo dell’altare maggiore, inondato di luce tramite l’ampia facciata vetrata.

Video intervesta ad Anselmi sulla chiesa di San Pio

C’è una grande capacità in Anselmi di conferire agli spazzi quella drammaticità propria della metafisica. Il gioco dei volumi, progettati con precisione geometrica, viene enfatizzato dalle ombre nette e da una luce indagatrice, che definisce il nuovo spazio tra i volumi. L’approccio di tipo urbano viene esplorato a fondo, e una volta compreso il suo significato intrinseco, Anselmi ne propone una personale restituzione, progettando pieni e vuoti densi di tensione emotiva.

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A.Anselmi, Cimitero comunale, Altilia S.Severina (CZ); Disegno senza titolo. Entrambi i disegni provengono dalla collezione permanente della A.A.M. Architettura Arte Moderna di Francesco Moschini e Gabriel Vaduva.;  Disegno senza titolo

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G. De Chirico, dalla serie di “Piazze d’Italia”